Il resto della stagione è andato probabilmente sull'onda e con le scorie di quelle partite, torneo di Basilea (103 in carriera, ndr) a parte. E anche queste Atp Finals non erano iniziate bene, con una sconfitta in due set contro Thiem e una prestazione non esaltante col nostro Berrettini.
La partita contro Djokovic, decisiva per l'accesso in semifinale, vedeva il serbo con tutti i favori del pronostico che invece, nonostante la sconfitta in una partita intensa con Thiem, era parso molto centrato. Invece Federer è riuscito nel momento decisivo a innalzare il livello, mantenendo una continuità al servizio straordinaria, realizzando almeno due vincenti a game e riuscendo anche a convertire palle break con una percentuale molto più alta del solito. 6-4 6-3, risultato netto, come la superiorità nella prestazione. Ma i numeri, le statistiche e le percentuali svaniscono tutte su quel matchpoint convertito e quel salto accompagnato da un urlo, nulla di esagerato (non è nel suo stile) ma deciso come a dire "io sono ancora qua, nonostante tutto". Nonostante l'età che avanza, i rivali che aumentano, i numeri e i record che si accorciano, le occasioni sprecate e la finestra di averne altre che pian piano si chiude. Però forse è questo che lo rende speciale: alternare momenti di divinità quando colpisce la pallina a momenti di superficiale, palpabile umanità; passare da colpi inimitabili a non convertire match Point perché emozionanti, dallo schiacciare gli avversari a non inseguire una pallina di troppo perché a quasi quarant'anni le energie stringono.
L'eternità di un campione umano, sarà questo che verrà ricordato. Probabilmente molti dei suoi record verrano superati ma se si potesse misurare l'amore dei fan, ho dei dubbi che qualcuno ne abbia goduto di tanto quanto lui e probabilmente per questa ragione: la gente rivede sé stessa in un uomo che ammira e che mette su un piedistallo.
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