venerdì 15 novembre 2019

Federer: l'eternità di un campione umano

Ci sono attimi in cui si pregusta la gioia e qualche minuto dopo ci si ritrova col groppone in gola all'improvviso, senza aver però mai provato quella gioia nel frattempo: questo è successo a Roger Federer nella finale dell'ultimo Wimbledon. La vittoria a portata di mano, a un punto, un punto dal ventunesimo titolo slam che sarebbe stato ancor più speciale perché dall'altra parte della rete c'era un certo Novak Djokovic che qualche dispiacere negli ultimi di carriera gliel'ha portato. E invece, nell'incredulità generale, tutto è passato e il titolo è andato al rivale come al solito di ghiaccio, spietato (leggenda). Tra le mani un piatto di un secondo posto peggiore di un pasto avvelenato e l'amarezza di essersi creato e aver allo stesso tempo sprecato una delle ultime occasioni di portarsi un altro major a casa. Quello sguardo sulla panchina tanto triste quanto eloquente è e rimarrà una delle immagini più malinconiche della sua carriera.

Il resto della stagione è andato probabilmente sull'onda e con le scorie di quelle partite, torneo di Basilea (103 in carriera, ndr) a parte. E anche queste Atp Finals non erano iniziate bene, con una sconfitta in due set contro Thiem e una prestazione non esaltante col nostro Berrettini.
La partita contro Djokovic, decisiva per l'accesso in semifinale, vedeva il serbo con tutti i favori del pronostico che invece, nonostante la sconfitta in una partita intensa con Thiem, era parso molto centrato. Invece Federer è riuscito nel momento decisivo a innalzare il livello, mantenendo una continuità al servizio straordinaria, realizzando almeno due vincenti a game e riuscendo anche a convertire palle break con una percentuale molto più alta del solito. 6-4 6-3, risultato netto, come la superiorità nella prestazione. Ma i numeri, le statistiche e le percentuali svaniscono tutte su quel matchpoint convertito e quel salto accompagnato da un urlo, nulla di esagerato (non è nel suo stile) ma deciso come a dire "io sono ancora qua, nonostante tutto". Nonostante l'età che avanza, i rivali che aumentano, i numeri e i record che si accorciano, le occasioni sprecate e la finestra di averne altre che pian piano si chiude. Però forse è questo che lo rende speciale: alternare momenti di divinità quando colpisce la pallina a momenti di superficiale, palpabile umanità; passare da colpi inimitabili a non convertire match Point perché emozionanti, dallo schiacciare gli avversari a non inseguire una pallina di troppo perché a quasi quarant'anni le energie stringono.

L'eternità di un campione umano, sarà questo che verrà ricordato. Probabilmente molti dei suoi record verrano superati ma se si potesse misurare l'amore dei fan, ho dei dubbi che qualcuno ne abbia goduto di tanto quanto lui e probabilmente per questa ragione: la gente rivede sé stessa in un uomo che ammira e che mette su un piedistallo.
FifteenLove